Sei secoli di storia ceramica

Reperti archeologici e documenti fissano nell'ultimo quarto del XV secolo l'inizio della produzione ceramica ad Albisola. Venne favorita dai depositi di argilla rossa e dalle cave di terra bianca sul territorio, dai boschi molto estesi, da cui ricavare legna per i forni, dall’essere in riva al mare che facilitò l'imbarco dei prodotti finiti e dal disporre vasti spazi all’aperto per l'essicazione degli oggetti.

Alla fine del Quattrocento è conosciuta un'abbondante produzione di piatti e scodelle; nei primi anni del Cinquecento ha inizio la produzione di laggioni, o piastrelle da rivestimento per pavimenti o pareti, e di maioliche. Le fornaci ceramiche risultanti dal catasto più antico (1569) sono 14, nel 1612 risulta attivo il primo mulino da colore (adibito a macinare vernici e colori) lungo il torrente Sansobbia, nella zona di Ellera. Nel Settecento, mentre a Savona emergono figure di artisti (fra tutti Giacomo Boselli) che sono anche abili imprenditori, la maiolica di Albisola è in piena decadenza. Dal terzo decennio, però, prende campo un nuovo tipo di terracotta a carattere popolare, detta a ‘taches noires’: è un vero e proprio boom. Le fornaci si moltiplicano e sono in gran parte acquistate o costruite da famiglie della nobiltà genovese, i Della Rovere e soprattutto i Balbi. La produzione raggiunge i venticinque milioni di pezzi l'anno. Si tratta di un prodotto poco costoso; viene esportato persino in America, nel Canada. Solo l'imposizione di forti dazi da parte di Francia e Spagna riuscirà a provocare una crisi, all'inizio dell'Ottocento. Il riscatto grazie al pentolame da fuoco, che si estinguerà solo negli anni Cinquanta del secolo scorso. Le fabbriche di pentole impiegano molti salariati con pesanti orari di lavoro: verso la fine del secolo i primi scioperi.

Nel filone della produzione popolare sono da ricordare le figurine da presepe, prodotte in famiglia la sera con un po' di terra portata da chi lavorava in fabbrica, usando vecchi stampi. La produzione delle maioliche, interrotta all'inizio dell'Ottocento, riprende all'inizio del secolo, grazie ad alcune nuove fabbriche. Con Nicoló Poggi, che dal 1892 gestisce la sezione di terraglia e stoviglieria della fabbrica, ha inizio l'avventura nel campo delle ceramiche artistiche. Dopo un decennio, nel 1903, comincia l’attività Giuseppe Mazzotti detto ‘Bausin’. Gli anni del futurismo segnano un momento di grande sviluppo: noti artisti che vengono a lavorare ad Albisola e a cuocere nelle fornaci locali, attirati dalla personalità di Tullio Mazzotti o Tullio d'Albisola. Negli anni Cinquanta Albisola è riconosciuta capitale della ceramica. E ancora oggi molti artisti di chiara fama frequentano Albisola, appoggiandosi alle fabbriche (in gran parte di piccole dimensioni e spesso a carattere familiare) ancora attive.

Viene dal passato il rapporto tra la gente di Albisola e la ceramica, che è nel Dna di chi è nato in questo lembo di Liguria. Non c’è famiglia in cui, ai più diversi livelli, non ci sia stato un genitore o un nonno, o almeno un antenato, che ha lavorato in una delle tantissime fabbriche.  Il blu del mare, assieme al bianco, è colore che diventa tratto distintivo dell’Antico Savona, uno degli stili più tipici della ceramica artistica locale. Che ha dato fama ad Albisola in tutto il mondo, assieme a piatti, pentole e calici esportati dovunque, nei secoli, in milioni e milioni di pezzi.